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cardiopatie neonatali

Le cardiopatie neonatali, quadro clinico, diagnosi e sintomi

Con il termine cardiopatia si fa riferimento a qualsiasi patologia, strutturale o funzionale, che interessa il cuore; esistono tanti tipi di cardiopatie, ma possiamo dividerle in due principali classi: congenite e acquisite. Le prime sono presenti sin dalla nascita, le altre invece possono insorgere nelle fasi successive.

Prima di approfondire il problema delle cardiopatie è però indispensabile conoscere cosa succede al momento del passaggio dalla vita prenatale a quella extrauterina.

Adattamento cardiocircolatorio

Al momento della nascita nel neonato si verificano variazioni cardiocircolatorie che permettono la trasformazione da una circolazione fetale a una di tipo adulta.

Durante la vita intrauterina la circolazione è principalmente legata allo scambio di gas e metaboliti dalla placenta al feto. Esistono tre strutture fondamentali:

  • il dotto venoso di Aranzio: mette in comunicazione la vena ombelicale e la vena cava inferiore;
  • il foro ovale: mette in comunicazione atrio destro e atrio sinistro;
  • il dotto arterioso di Botallo: collega l’arteria polmonare all’aorta discendente.

Il sangue ossigenato che torna dalla placenta arriva al feto mediante la vena ombelicale: il 50% entra nel fegato, la restante parte, attraverso il dotto venoso di Aranzio, si getta direttamente della vena cava inferiore dove si mescola con il sangue della parte inferiore del corpo del feto che è poco ossigenato. A questo punto, dalla vena cava inferiore, il sangue si getta nell’atrio destro del cuore e poi, attraverso il foro ovale, nell’atrio sinistro passando al ventricolo sinistro e quindi nel tronco aortico che distribuisce il sangue alla parte superiore del corpo. Il sangue qui è molto meno ossigenato, quindi ritorna all’atrio destro tramite la vena cava superiore attraversando la valvola tricuspide e fluisce nel ventricolo destro. Dal ventricolo destro il sangue si porta all’arteria polmonare: il 7% di distribuisce ai vasi polmonari, il 93% invece attraverso il dotto arterioso di Botallo fluisce verso l’aorta discendete. Una parte di questo sangue va a irrorare la parte inferiore del corpo del feto, la restante parte invece va a riossigenarsi nella placenta attraverso le arterie ombelicali.

Alla nascita il feto dovrà adattarsi alla vita extrauterina perché gli scambi gassosi non avvengono più attraverso la placenta ma attraverso i polmoni. Gli adattamenti principali sono:

  • innalzamento delle resistenze sistemiche dovuto dall’esclusione della circolazione placentare;
  • caduta delle resistenze vascolari polmonari causata dall’inizio della ventilazione, per cui il sangue dal ventricolo destro si dirige più facilmente nell’arteria polmonare e quindi c’è un aumento del flusso ematico nel piccolo circolo;
  • chiusura funzionale del foro ovale dovuta da un maggiore flusso polmonare di ritorno all’atrio sinistro. Questo maggiore flusso determina un aumento della pressione dell’atrio sinistro e cosi i foro ovale si chiude con un meccanismo a valvola. La chiusura anatomica si presenta entro il terzo mese di vita.
  • chiusura funzionale del dotto arterioso di Botallo dovuta dall’aumento della quantità di ossigeno nel sangue rispetto all’epoca fetale e alla riduzione postnatale delle prostaglandine. La chiusura anatomica si verifica entro 10 giorni dalla nascita.
  • chiusura del dotto venoso di Aranzio dovuta alla rimozione della placenta. Questo porta all’interruzione del circolo nelle vene ombelicali e il alla trasformazione del vaso nella continuazione del legamento rotondo del fegato

Dopo alcuni giorni dalla nascita quindi si completa la trasformazione dal circolo fetale a quello adulto. Il ventricolo sinistro che prima pompava sangue solo nella parte superiore del corpo, ora deve sostenere l’intera gittata cardiaca sistemica. Il ventricolo destro, che durante la vita intrauterina lavorava contro pressione a causa della presenza del dotto arterioso di Botallo, ora deve provvedere alla circolazione polmonare a bassa resistenza.

Cardiopatie congenite

Le cardiopatie congenite si dividono in cianogene e non ciagnogene.

Quelle non cianogene sono quelle con malformazioni del cuore o dei grossi vasi, ma non sono associate a cianosi. Questa caratteristica è dovuta dal fatto che non vi è passaggio di sangue dal versante destro del cuore (che contiene sangue non ossigenato) al versante sinistro (che contiene sangue ossigenato perché proveniente dai polmoni), perché la pressione o le resistenze del versante sinistro non sono più alte del versante destro. Così il sangue periferico presenta una quantità di ossigeno nei limiti della norma. Tra le cardiopatie congenite non cianogene ricordiamo la pervietà del dotto di Botallo, la coartazione aortica e la stenosi aortica.

Le cardiopatie congenite cianogene invece sono caratterizzate dalla cianosi che si manifesta con un colorito violaceo delle labbra, delle mucose e del letto ungueale. La cianosi è dovuta al passaggio di sangue non ossigenato nella circolazione sistemica invece di quella polmonare. Tra le cardiopatie congenite cianogene ricordiamo la tetralogia di Fallot e la trasposizione delle grandi arterie.

Pervietà del dotto arterioso di Botallo

Il dotto arterioso di Botallo è un grosso vaso che mette in comunicazione l’arteria polmonare con l’aorta, e al momento della nascita dopo poche ore si chiude spontaneamente. Quindi il neonato potrà ossigenarsi autonomamente tramite atti respiratori che permettono agli alveoli di aprirsi e ai polmoni di dilatarsi. Se il dotto di Botallo non si chiude fisiologicamente, una grande quantità di sangue passerà dal circolo sistemico al circolo polmonare.  Questo porterà a un sovraccarico sia del circolo polmonare sia del ventricolo sinistro costretto a pompare anche la quota di sangue passato attraverso il dotto con conseguente possibile insufficienza cardiaca.

La clinica è caratterizzata da un soffio continuo di 1-2/6 al giorno sotto della clavicola sinistra, associato a un polso radiale e femorale scoccante in caso di alta gittata del ventricolo di sinistra. Possiamo anche riscontrare un ritardo staturo-ponderale o segni di insufficienza cardiaca (in particolare dispnea da sforzo e tachicardia), in base alle dimensioni della pervietà.

Per poter diagnosticare questa condizione patologica ci si avvale anche di indagini strumentali quali ecocardiogramma e cateterismo cardiaco, e per la valutazione dello shunt sinistro-destro mediante l’esecuzione di prelievi ossimetrici e misurazione della pressione in ventricolo destro e arteria polmonare in corso di cateterismo. Altri esami strumentali non invasi utili per la diagnosi sono ECG, Rx torace ed ecocardiografia.

L’incidenza è di circa 1 neonato su 100 nati a termine e aumenta nei prematuri quanto è minore l’età gestazionale del feto.

Il trattamento in passato prevedeva la chirurgia e consisteva nella legatura e nella separazione del dotto in due monconi. Oggi invece l’intervento viene riservato solo nei prematuri che non rispondono alla terapia medica. La terapia medica si basa sulla somministrazione di indometacina o ibuprofene che sono farmaci inibitori delle prostaglandine. Infatti la pervietà del dotto in epoca prenatale è mantenuta dalla produzione di prostaglandine quindi la loro inibizione tramite i farmaci e una buona ossigenazione può portare a una chiusura del dotto nel 50% dei casi. Questo approccio però non sempre è efficace e può avere complicanze quali ischemia cerebrale ed ischemia renale.

Coartazione aortica

La coartazione aortica è una condizione patologica che causa un restringimento di un tratto del vaso che nel 98% dei casi interessa la zona subito dopo l’origine dell’arteria succlavia sinistra, ma può interessare tutti i punti. Questo causa un’ostruzione al deflusso del sangue dal tratto a monte dell’ostruzione.

Questa condizione patologia si presenta quasi sempre in concomitanza di altre malformazioni cardiache, ma molto raramente si può anche presentare da sola.

In base al grado di stenosi possiamo distinguere due quadri clinici che sono: lo scompenso cardiaco nelle prime settimane di vita (dotto-dipendenti con grave scompenso) e l’ipertensione dei distretti serviti dall’aorta discendente, che può restare asintomatica fino all’età adulta (senza dotto-dipendenza).

Nel primo caso, la pervietà del dotto assicura la perfusione del circolo sistemico, ma quando questo si chiude il ventricolo sinistro si trova ad affrontare un forte carico di pressione. Anche in assenza di lesioni associate il ventricolo non può sopportare questo carico e si va incontro ad insufficienza ventricolare sinistra.  Questo si verifica intorno al quindicesimo giorno di vita con tachipnea, difficoltà alimentare, scomparsa dei polsi femorali e soffio sistolico.

Nel caso di ipertensione dei distretti invece si verifica una diversità dei polsi e della pressione quindi abbiamo polsi radiali pieni a rapido svuotamento e ipertensione degli arti superiori a confronto dei polsi femorali deboli o assenti con pressione non registrabile degli arti inferiori.

Per diagnosticare la coartazione aortica si utilizzano indagini strumentali quali Rx del torace che evidenzia cardiomegalia, ECG che mostra ipertrofia ventricolare destra, e ecocardiografia che mostra la stesosi.

La terapia è sia medica che chirurgica. La terapia medica prevede la somministrazione di prostraglandine che mantiene pervio il dotto arterioso di Botallo assicurando il flusso ematico e permette di ristabilire un equilibrio in attesa dell’operazione chirurgica. L’intervento consiste nella resezione del tratto aortico ristretto, anastomosi dei due monconi e legatura del dotto di Botallo. E’ bene effettuare il l’intervento chirurgico entro i 5-6 anni di vita quando non sono ancora instaurati danni permanenti a carico dell’apparato circolatorio perché si può incorrere complicanze come la ricomparsa di un’ipertensione in età adulta o sindrome post-coartectomia a distanza di pochi giorni dall’intervento.

Stenosi aortica

Per stenosi aortica si intende un restringimento del tratto di efflusso del ventricolo sinistro. Generalmente il restringimento si trova al livello valvolare, ma può essere sopravalvolare o sottovalvolare. Può presentarsi isolata o associata ad altre forma ostruttive.

Anatomicamente la valvola aortica ha tre lembi, mentre nel caso della stenosi ne presenta solo due ispessiti, rifidi e con lembi parzialmente fusi tra loro. Il sangue trova un ostacolo e quindi al di sopra della stenosi si crea un gradiente di pressione: la pressione quindi sarà elevata nel ventricolo sinistro, e bassa a valla del tratto stenotico. La bassa pressione aortica porterà quindi a una ridotta perfusione d’organo e quindi sintomi clinici.

Il quadro clinico varierà in base alla severità dell’ostruzione: la stenosi lieve o moderata può restare asintomatica anche per molto tempo, quella grave invece crea scompenso cardiaco, riduzione dei polsi periferici, tachidispnea, subedema polmonare e ridotta perfusione sistemica. Per inquadrare clinicamente la stenosi aortica, si utilizzano principalmente questi esami strumentali: Rx torace che mostra cardiomegalia e congestione venosa polmonare, ECG mostra segni di ipertrofia ventricolare sinistra, ecocardiografia 2D che definisce l’anatomia della valvola stenotica, ed eco-Doppler che consente di misurare il gradiente pressorio transvalvolare aortico.

La terapia e prettamente chirurgica. Non esiste una soluzione definitiva perché non esiste una tecnica che porti a una guarigione completa. La terapia di prima scelta consiste nella dilatazione del tratto mediante catetere a palloncino in corso di cateterismo cardiaco. Quando questo non è efficace ci si può avvalere di diverse tecniche come la plastica, la sostituzione della valvola aortica con la valvola polmonare del paziente stesso, o l’impianto di una protesi meccanica o biologica. Le valvole artificiali però richiedono una terapia anticoagulante a tempo indeterminato.

Tetralogia di Fallot

La tetralogia di Fallot è la più frequente delle cardiopatie congenite e rappresenta il 5-10% di tutte le cardiopatie congenite. È caratterizzata da quattro (tetra) componenti:

  • Stenosi dell’arteria polmonare;
  • Ipertrofia del ventricolo destro;
  • Difetto interventricolare;
  • Aorta posta “a cavaliere” del difetto del setto interventricolare.

Il sangue venoso che proviene dalle vene cave a causa della stenosi della valvola polmonare si immette, attraverso il difetto interventricolare, nell’aorta. Il ventricolo destro si trova in una condizione di ipertrofia perché deve lavorare contro le resistenze sistemiche causate dalla stenosi della valvola polmonare. La ridotta quantità di sangue che passa pero ossigenarsi attraverso il circolo polmonare causa un aumento dell’emoglobina non ossigenata e quindi cianosi, rallentamento della crescita e ridotta tolleranza allo sforzo. Alla scarsa ossigenazione segue un aumento dei globuli rossi e un maggior consumo di ferro, il sangue è quindi meno fluido e c’è un rallentamento del circolo con rischio di trombosi cerebrale. Si possono verificare inoltre crisi ipossiche per la ridotta ossigenazione periferica. Per ultimo i neonati affetti da questa patologia sono a rischio di ascesso cerebrale per emboli settici che dal circolo sistemico passano direttamente al cervello saltando il filtro polmonare.

La diagnosi si basa su ECG, Rx del torace, ecocardiogramma, cateterismo cardiaco e angiocardiografia.

Il quadro clinico può variare in base alla stenosi polmonare:

  • Se la stenosi è marcata, la cianosi sarà grave e presente sin dai primi giorni di vita a causa del ridotto flusso polmonare;
  • Se la stenosi è lieve, spesso sono asintomatici e quindi non presentano la cianosi che però si potrà riscontrare nel tempo perché la stenosi polmonare evolve con la crescita del bambino. Infatti la cianosi spesso si può riscontrare a partire dal quarto mese di vita. Questo fenomeno è probabilmente causato da uno spasmo della muscolatura polmonare che peggiora l’struzione della via destra.

La terapia è mirata a un miglioramento del trasporto dell’ossigeno, per esempio correggendo l’anemia ipocromica con la somministrazione di ferro. Oggi, grazie ai progressi della chirurgia, si procede con una correzione chirurgica prima della comparsa delle crisi ipossiche che permetterebbe un recupero funzionale e migliori risultati a lungo termine. Il trattamento definitivo consiste in un intervento che prevede la chiusura del difetto interventricolare e nell’allargamento della via di efflusso del ventricolo destro.

Trasposizione delle grosse arterie

La trasposizione delle grosse arterie (TGA) consiste in un’inversione dell’origine delle arterie dai due ventricoli, dunque, l’arta origina dal ventricolo destro anziché quello sinistro, e l’arteria polmonare origina dal ventricolo sinistro anziché quello destro.

La trasposizione può essere semplice se non è accompagnata da altre malformazioni, complessa quando è accompagnata da altre anomalie. La sopravvivenza del neonato è possibile solo grazie alla comunicazione dei due circoli, infatti tipica di questa patologia è la circolazione in parallelo: il sangue venoso sistemico dal ventricolo destro viene pompato nell’aorta e il sangue venoso polmonare dal ventricolo sinistro arriva in arteria polmonare.

Il quadro clinico varia a seconda delle condizioni anatomiche:

  • Nelle forme semplici, la cianosi è precoce;
  • Nelle forme con difetto ventricolare, la cianosi e lo scompenso si manifestano entro il mese di vita;
  • Nelle forme con stenosi polmonare, la cianosi è grave ma i segni di scompenso sono più lievi;
  • Nelle forme con coartazione aortica, è presente ipoperfusione sistemica e scompenso.

Il trattamento più immediato è la somministrazione di prostaglandine per garantire la pervietà del dotto. Inoltre si basa sul riposo e la somministrazione di farmaci che migliorano la contrattilità come la digossina, farmaci che riducono l’afflusso di fluidi al cuore, come diuretici, farmaci che riducono le resistenze vascolari, come gli inibitori dell’angiotensina e vasodilatatori, e farmaci beta-bloccanti, che riducono l’ipertono che causa lo scompenso cardiaco.

Anche la terapia chirurgica è consigliata e la più utilizzata è l’intervento di Jatene che consiste nel reimpianto di aorta e arteria polmonare nella loro sede corretta, e va effettuato entro le quattro settimane di vita.

Cardiopatie acquisite

Le cardiopatie acquisite sono tutte le patologie che insorgono dopo la nascita e possono interessare tutte le strutture anatomiche le cuore oppure possono essere dovute da sofferenze di altri organi che sono in stretto contatto funzionale con il cuore. Tra le cardiopatie acquisite ricordiamo l’endocardite e la pericardite.

Endocardite

Per endocardite si intende un’infezione acuta o subacuta dell’endocardio (il tessuto che riveste le cavità interne del cuore) e delle valvole cardiache, di origine prevalentemente batterica, oppure virale e fungina. L’infezione batterica può essere causata principalmente da streptococchi o stafilococco aureo.

Le vegetazioni endocardiche si presentano sulle lesioni valvolari già preesistenti nei pazienti. Queste lesioni quindi possono infettarsi in corso di batteriemie occasionali. Altri gruppi a rischio sono i tossicodipendenti e gli immunodepressi portatori di cateteri intravascolari.

I sintomi sono aspecifici, infatti prevale febbre persistente anche per mesi, perdita di peso, mialgie, artralgie, astenia, splenomegalia, nausea, vomito, brividi e cefalea. Più tardivamente possono comparire invece segni caratteristici quali noduli di Osler (noduli intradermici alle dita delle mani e dei piedi), lesioni di Janeway (chiazze iperemiche o emorragiche non dolorose, a livello del palmo delle mani e della pianta dei piedi) ed emorragie lineari sotto le unghie.

Le complicanze più gravi sono l’insufficienza cardiaca dovuta alle lesioni e la formazione di emboli. Se l’endocardite colpisce l’aorta o la mitrale, gli emboli possono terminare nelle coronarie, nel cervello, nei reni.

La diagnosi si basa sul quadro clinico, sugli esami flogistici (PCR, VES, emocromo) e sull’emocultura. Si consiglia la ripetizione di tre emoculture nella stessa giornata per escludere un falso positivo dovuto da contaminazione. L’ecocardiogramma può essere utile per valutare la funzionalità cardiaca.

Il trattamento prevede la somministrazione immediata di antibiotici (sulla base dell’antibiogramma) per via endovenosa a dosaggi elevati per almeno 4-6 settimane. La terapia è di lunga durata per permettere alle vegetazioni di cicatrizzarsi ed evitare ricadute. Se è presenta l’insufficienza cardiaca, si assocerà alla terapia antibiotica riposo, restrizione idrica e diuretici.

Molto importante è la prevenzione nei soggetti a rischio. Si consiglia la somministrazione di amoxicillina per os in caso di estrazione dentaria o interventi alle vie respiratorie. In caso di allergia all’amoxicillina si prescriverà un macrolide, una cefalosporina o la clindamicina. L’antibiotico va somministrato 30 minuti/1 ora prima dell’intervento.

In generale, per tutte le patologie ad eziologia infettiva, la prevenzione è uno strumento fondamentale e a tal proposito ricordiamo che esistono semplici procedure che indicano come prevenire le malattie infettive.

Pericardite

Per pericardite si intende un processo flogistico interessante il pericardio (sottile membrana che riveste il cuore) che può essere causata da diversi fattori. L’infiammazione causa un accumulo di liquido nello spazio pericardico con aumento della pressione intrapericardica. Se il versamento è posteriore, quindi localizzato dietro la parete ventricolare sinistra, si tratta di un piccolo versamento; se invece è anteriore, quindi localizzato tra la parete ventricolare destra e la parete toracica, indica la raccolta abbondante di liquido; se infine il versamento ostacola il normale riempimento ventricolare con aumento delle pressioni venose sistemica e polmonare, diminuzione della fittata cardiaca e shock, parliamo di tamponamento cardiaco.

I sintomi sono principalmente dolore penetrante in sede precordiale (si può estendere alla spalla sinistra e schiena) che si accentua quando il paziente è supino e diminuisce invece quando il paziente è seduto o piegato in avanti, febbre, toni cardiaci ovattati. In caso di tamponamento cardiaco le vene del collo diventano turgide e compare il polso paradosso (diminuzione dell’ampiezza del polso e della pressione sistolica). Nelle forme costrittive possiamo riscontrare epatomegalia ed ascite. In fase di guarigione compaiono sfregamenti pericardici dopo aver rimosso il liquido.

La diagnosi si basa sull’ecocardiogramma (per verificare la presenza del versamento e la sua entità), ECG (mostra il complesso QRS di basso voltaggio, il tratto ST elevato e l’onda T invertita) e Rx del torace (evidenzia un allargamento dell’ombra cardiaca nei casi di un versamento abbondante). La pericardiocentesi viene effettuata sia per diagnostica l’endocardite sia per ridurre la pressione intrapericardica, quindi ha scopo terapeutico.

La terapia varia in base all’eziologia dell’endocardite. Le forme virali generalmente sono benigne e si risolvono spontaneamente con la sola terapia sintomatologica. Le forme batteriche invece prevedono l’utilizzo di antibiotico sulla base di antibiogramma. In caso di tamponamento invece si procede con la rimozione del liquido tramite pericardiocentesi.