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Distress respiratorio nel neonato (SR)

La patologia respiratoria del neonato si manifesta attraverso una serie di sintomi che, nel loro insieme, identificano la cosiddetta sindrome respiratoria (SR), o distress respiratorio. Tali sintomi, a prescindere dalla causa determinante, sono: tachipnea (FR <60 atti/min), dispnea, cianosi e crisi di apnea.

La SR neonatale trova la sua causa nel deficit di surfattante all’interno dei polmoni del neonato, questa condizione è maggiormente frequente nei nati pretermine, ovvero in quelli nati prima delle 37 settimane di età gestazionale e, di conseguenza, il rischio aumenta con il grado di prematurità del nascituro.

Il quadro sintomatologico spesso è caratterizzato da: rumori respiratori, uso dei muscoli accessori e alitamento delle pinne nasali; la diagnosi è di tipo clinica e attualmente è possibile valutare tale rischio in epoca prenatale con dei test di maturità polmonare del feto; infine, l’approccio terapeutico prevede la somministrazione di surfattante e, in base al livello di gravità, la somministrazione di ossigeno.

Per capire a fondo questo tipo di patologia, è opportuno spiegare come avviene la formazione e l’adattamento dell’apparato respiratorio del neonato, e qual è il ruolo del surfattante.

Formazione dell’apparato respiratorio

Durante la vita intrauterina la funzione respiratoria avviene attraverso la placenta, grazie allo stretto contatto ematico con la circolazione materna. Le future vie aeree sono ripiene di un liquido polmonare fetale, diverso da quello amniotico e dal plasma per l’elevato contenuto di cloruro e bassa concentrazione di bicarbonati.

La maturazione morfologia del polmone si compie attraverso 5 stadi:

  1. stadio embrionale, che va dalla quarta alle settima settimana di gestazione, in questa fase le future vie aeree corrispondono ad una piccola estroflessione delle regione prossimale dell’intestino primitivo; da questa estroflessione si sviluppano due protrusioni, da cui poi derivano gli alberi bronchiali;
  2.  stadio pseudoghiandolare, va dall’ottava alla sedicesima settimana di gestazione, durante questo periodo l’albero bronchiale subisce una serie di dicotomie fino a formare i bronchioli terminali;
  3. stadio canalicolare, va dalla diciassettesima alla ventisettesima settimana di gestazione, ed è la fase in cui si verifica la formazione dei capillari, lo sviluppo degli acini polmonari e la differenziazione dei pneumociti di tipo I e II;
  4. stadio sacculare, va dalla ventottesima alla trentacinquesima settimana di età gestazionale, durante queste settimane si verifica la formazione dei sacculi, porzioni distali delle vie aeree a fondo cieco che subiscono un’ulteriore divisione in seguito alla formazione di setti al loro interno;
  5. stadio alveolare, va dalla trentacinquesima alla quarantesima settimana di età gestazionale, è caratterizzato dalla formazione degli alveoli che inizialmente raggiungono il numero di 50-100 milioni, successivamente la loro crescita continua nella vita postnatale, fino ai 4 anni di età quando si raggiunge la formazione di circa 300-400 milioni di alveoli.

La maturazione biochimica del polmone procede di pari passo con quella morfologica; l’aspetto più importante è la formazione del surfattante.

Che cos’è il surfattante

Il surfattante è una fosfolipoproteina ad azione tensioattiva, la cui produzione è stimolata dai pneumociti di tipo II; tale sostanza è composta per il 90% da lipidi e 10% da proteine, in particolare, 80% di fosfolipidi e lectina, e 10% di lipidi neutri. La sua funzione è quella di impedire il collasso alveolare: al momento dell’espirazione, i fosfolipidi di cui è composto il sufrattante, si dispongono in maniera ravvicinata lungo la parete dell’alveolo, impedendone il collasso. Secondo la legge di Laplace, esercitando una certa pressione su un corpo sferico, al diminuire del raggio, raddoppia la tensione  di superficie; il surfattante agisce proprio impedendo questo fenomeno, in quanto fa in modo che al diminuire del raggio alveolare, diminuisca anche la tensione superficiale, impedendo il collasso.

Quando la produzione di surfattante non è sufficiente, gli alveoli necessitano una maggiore pressione per potersi espandere e, senza una giusta pressione a livello delle vie aeree, i polmoni presenteranno zone atelettasiche(prive d’aria, non distese), con conseguente rischio di flogosi ed edema polmonare. A questo punto, il sangue che attraversa le regioni atelettasiche dei polmoni, non viene ossigenato e il neonato manifesta una condizione di ipossiemia (carenza di ossigeno).

Adattamento respiratorio alla nascita

Alla nascita, il neonato deve attivare una serie di meccanismi per effetto dei quali il polmone, dapprima ripieno di liquido polmonare fetale, diviene un organo a contenuto aereo, e la respirazione da diffusoria diviene di tipo ventilatorio. Gli stimoli che concorrono all’instaurare di questi meccanismi sono: stimoli tattili (manovre ostetriche), stimoli chimici (ipossia, ipercapnia, acidosi metabolica, tutti fisiologici durante il parto), stimoli termici (differenza di temperatura tra l’ambiente uterino e quello esterno di circa 15° C).

La rimozione del liquido polmonare avviene grazie all’aumento delle catecolamine, dovuto allo stress del travaglio; queste inibiscono la secrezione del cloro da parte delle cellule epiteliali alveolari e della pressione che subisce il torace del neonato durante l’espletamento del parto.

L’aerazione del polmone è causata dalla compressione del torace del neonato durante il suo passaggio attraverso il canale del parto e, data la sua elasticità, subito dopo il passaggio tende ad espandersi richiamando aria ai polmoni. Tale processo è importante, ma non fondamentale perché nei nati da taglio cesareo l’aria viene spinta dalla faringe nella trachea.

Dopo il primo atto respiratorio non tutta l’aria inspirata viene espirata, una parte di essa resta intrappolata negli alveoli che non tendono a collabire grazie alla presenza del surfattante. Con i primi atti respiratori, si verifica l’aumento del flusso ematico polmonare in quanto i polmoni si espandono, la saturazione arteriosa dell’ossigeno aumenta e si riducono le resistenze arteriolari polmonari, determinando, di conseguenza, l’aumento del flusso ematico polmonare.

Diagnosi della SR

L’entità del distress respiratorio può essere valutata nel neonato utilizzando il punteggio (o score) di Silverman; tale score prende in considerazione i 5 sintomi principali (retrazione torace superiore, retrazione torace inferiore, retrazione xifoidea, alitamento delle pinne nasali, gemito respiratorio), e ad ogni sintomo osservato, a seconda dell’intensità, si assegna un punteggio che va da zero (assente) a 3 (marcato, costante). In sintesi, quanto più alto è il punteggio, tanto più grave è la difficoltà respiratoria del neonato, per cui un punteggio uguale o superiore a 7 denota uno stato di severa insufficienza respiratoria, che richiede un pronto intervento terapeutico.

Ai fini diagnostici, oltre ai dati ispettivi, bisogna integrare:

  • la valutazione dell’esame ascoltatorio del torace, che fornisce dati non sempre chiari, a causa della limitata escursione toracica (più spesso a zone di silenzio respiratorio, si alternano zone in cui il respiro è accompagnato a rantoli a medie e fini bolle, o crepitanti);
  • esame radiografico del torace, che spesso può costituire l’unico elemento capace di fornire la certezza diagnostica;
  • valutazione dell’equilibrio acido-base, su prelievo capillare arterializzato o su prelievo arterioso;
  •  esami microbiologici per escludere le infezioni polmonari (colture di sangue, LCR, e aspirato tracheale).

Trattamento della SR neonatale

Il trattamento del distress respiratorio deve avere come obiettivo quello di correggere le alterazioni fisiologiche che caratterizzano tale condizione, ovvero: ipossia e acidosi (metabolica e/o respiratoria). Inoltre, è necessario provvedere a misure collaterali altrettanto importanti come il controllo della temperatura corporea, il sostegno della circolazione sistemica, la correzione dell’anemia, la copertura del fabbisogno calorico e idroelettrolitico, l’igiene broncopolmonare (broncoaspirazione, fisioterapia respiratoria), profilassi e terapia delle infezioni.

La terapia dell’ipossia ha come obiettivo di mantenere una PaO2 (pressione parziale di ossigeno) tra 60 e 70 mmHg (SaO2 >90%) o, più genericamente di far regredire la cianosi. Pertanto, il trattamento si avvale di: ossigenoterapia (OT), somministrazione di surfattante suppletivo, CPAP, ventilazione meccanica (VM), ossigenzione extracorporea (ECMO).

Adesso vediamo insieme, in maniera schematica e riassuntiva, come e quando utilizzare i trattamenti sopra elencati:

  • OT: consiste nella somministrazione di ossigeno senza l’applicazione di una forza meccanica, è indicata in caso di ipossiemia da disturbi respiratori con difetto di ventilazione, alterazione del rapporto ventilazione/perfusione o difetto di diffusione. I metodi di somministrazione sono: l’incubatrice, l’head box e le nasocannule. L’ OT deve assicurare un’adeguata ossigenazione del paziente senza incorrere nel rischio di effetti tossici, pertanto non deve superare il valore di 90 mmHg nel neonato a termine e di 80 mmHg nel pretermine;
  • surfattante suppletivo: le preparazioni di surfattante attualmente disponibili per uso clinico appartengono a due categorie, naturali e sintetiche; in genere due somministrazioni sono sufficienti per ottenere l’effetto desiderato. È necessario uno stretto monitoraggio della saturazione per regolare tempestivamente la FiO2 (aria e ossigeno), e i parametri della ventilazione meccanica, per evitare l’iperossia e il rischio di rotture alveolari;
  • CPAP: pressione positiva continua, consente di creare un gradiente pressorio tra interno ed esterno delle vie aeree; viene realizzata mediante una valvola blow-off che, posta al termine delle vie espiratorie, determina una resistenza al flusso d’uscita (intubazione tracheale, cannule nasali, maschere facciali). Per utilizzare la CPAP è necessario che il neonato abbia una respirazione spontanea e valida, in caso contrario deve essere intubato e collegato ad un respiratore meccanico e la CPAP viene utilizzata come PEEP (pressione positiva di fine espirazione);
  • VM : si basa sull’utilizzo di un respiratore automatico che insuffla la miscela gassosa nelle vie aeree mediante un tubo endotracheale. Esistono vari tipi di ventilazione meccanica, tra cui : la ventilazione controllata, in cui lo scambio dei gas è totalmente controllato dal respiratore meccanico e trova il suo impiego nei casi di attività respiratoria completamente depressa; ventilazione assistita (o trigger), in tal caso il respiratore è subordinato all’attività respiratoria spontanea del paziente (sincornia); ventilazione obbligatoria intermittente, in cui il neonato respira spontaneamente e il respiratore automatico si introduce periodicamente con frequenza impostata dall’operatore e viene utilizzata in fase di divezzamento dal respiratore;
  • ventilazione ad alta frequenza: è caratterizzata da una frequenza doppia della massima frequenza spontanea e da un volume uguale o inferiore a quello spontaneo;
  • ECMO: ossigenazione extracorporea con l’utilizzo di un by-pass cardiopolmonare; il sangue arterioso o venoso viene prelevato dal paziente, portato per gravità all’interno di una pompa peristaltica e spinto attraverso una membrana scambiatrice di gas, dove viene aggiunto ossigeno e prelevata anidride carbonica. Viene impiegata come supporto temporaneo alla respirazione, durante la fase acuta della malattia quando una VM risulta insufficiente, e secondo specifici protocolli.

Per ulteriori approfondimenti tecnico infermieristici sulla ventilazione meccanica, potrebbe essere utile una lettura sul sito Nurse24.it.

Prevenzione e Complicanze della SR

È possibile prevenire il distress respiratorio neonatale?

La prevenzione della SR oggi è possibile grazie ad una serie di Test utili per la valutazione della maturità polmonare; tali test vengono eseguiti su campioni di liquido amniotico, ottenuti tramite amniocentesi. Il test di maturità polmonare è in genere indicato per i parti elettivi prima delle 39 settimane di gestazione, quando l’età gestazionale è sconosciuta e difficile da identificare, e per i parti non elettivi tra le 34 e 36 settimane.

I test si basano sulla composizione del liquido amniotico, relativa a fattori che riflettono lo stato dei polmoni fetali, in particolare si valutano le concentrazioni ed il rapporto di lecitina e sfingomielina che si modificano nel corso della gravidanza.

Lecitina e sfingomielina crescono parallelamente fino alla 32 settimana, successivamente la lecitina aumenta e la sfingomielina diminuisce; pertanto il rapporto L/S fino alla 32 settimana è inferiore a 1, per poi superare il valore di 2 intorno alla 35 settimana di gestazione, raggiungendo la maturità polmonare. Oltre a tale rapporto, viene anche valutato il dosaggio del fosfaditilglicerolo, che è il secondo componente fosfolipidico del surfattante; la sua presenza nel liquido amniotico in un range di 1.5 e 2, ha un valore predittivo di maturità polmonare.

Quali sono le complicanze del distress respiratorio?

Un neonato affetto dalla sindrome da distress respiratorio può peggiorare nei giorni immediatamente successivi alla nascita, talvolta con esiti infausti. Vi sono poi delle complicanze a lungo termine che possono manifestarsi nel momento in cui la terapia non risulta opportunamente modulata secondo le esigenze del neonato stesso; tali complicanze possono essere: accumulo di aria nella sacca attorno al cuore o ai polmoni; ritardo mentale; cecità; trombi; emorragia cerebrale o polmonare; displasia broncopolmonare (una malattia polmonare); collasso polmonare; infezione del sangue; insufficienza renale.