Mamma Sto Bene!
monitoraggio bambini

Quali sono le infezione neonatali più frequenti

Il neonato, per la sua peculiare condizione immunitaria, è particolarmente predisposto alle infezioni. Nel mondo si verificano annualmente 5 milioni di morti in epoca neonatale: oltre il 40% di queste è dovuto a infezioni, che costituiscono pertanto una causa importante, se non la più importante, di morbilità e mortalità nei primi trenta giorni di vita.

Il sistema immunitario del neonato

Durante la vita intrauterina il feto, immerso in un ambiente germ free, presenta un sistema immunitario immaturo e scarsamente stimolato da antigeni. Subito dopo la nascita, tale carenza immunologica mal si adatta all’esigenza di affrontare le continue aggressioni patogene dell’ambiente esterno, e ciò può causare difficoltà nell’adattamento del neonato alla vita extrauterina.

Il deficit immunologico neonatale, che coinvolge tutti i fattori sia del sistema immunitario aspecifico sia di quello antigene-specifico, associato alla ridotta efficienza della barriera meccanica cutanea e mucosa, condizionano la peculiare risposta del neonato agli agenti infettivi, caratterizzata principalmente da:

  • maggiore incidenza e gravità delle infezioni da parte dei batteri patogeni e di quelli saprofiti;
  • aumentata incidenza e facilità alla cronicizzazione delle infezioni virali;
  • ridotta risposta infiammatoria generale (febbre) e locale, con difficoltà a circoscrivere i focolai di infezione.

Il deficit immunologico è ancor più accentuato e persistente nel neonato pretermine, sia perché la precoce interruzione della gravidanza impedisce il completamento in utero del fisiologico processo di maturazione del sistema immunitario sia per il mancato o limitato trasferimento dalla madre al feto di fattori immunitari protettivi (immunoglobuline), che si realizza soprattutto nelle ultime settimane di gestazione.

Nonostante le moderne tecniche di assistenza e l’impiego di sempre più efficaci nuovi antibiotici, nei neonati di peso inferiore ai 1500 gr si riscontra un’incidenza di infezioni sistemiche pari al 20-40%, con una mortalità del 20-30%.

Sepsi batterica

La sepsi neonatale è una condizione clinica definita come l’invasione del torrente circolatorio da parte di microrganismi, in presenza di sintomi e segni sistemici di infezione. A seconda dell’epoca di esordio, si distinguono:

  • sepsi precoce, che si manifestano entro i primi 4 giorni di vita;
  • sepsi tardive, a insorgenza dopo il 4° giorno di vita.

Negli ultimi anni hanno acquisito rilevanza quadri di sepsi molto tardive che si manifestano dopo i 30 giorni di vita, in neonati ancora ricoverati in unità di terapia intensiva.

Nelle sepsi precoci i germi responsabili provengono solitamente dal tratto urogenitale materno. I più frequenti sono: Streptococcus agalactiae, Escherichia coli, Listeria monocytogenes, Haemophilus influenzae, Enterococcus spp, Stafilococcus aureus.

Nelle sepsi tardive i germi in causa, oltre a quelli del tratto genitale materno, possono provenire dall’ambiente, trasmessi per contatto umano o attraverso materiale d’uso; predominano gli stafilococchi e in particolare i coagulasi negativi, principalmente rappresentati dallo S. epidermidis.

La trasmissione degli agenti infettivi può avvenire nel periodo prenatale (per via transplacentare o, più spesso, per via ascendente), durante il parto o nel primo mese di vita (forme nosocomiali). I fattori di rischio possono essere:

  • materni (rottura prematura delle membrane, colonizzazione del tratto genitale materno);
  • neonatali (basso peso alla nascita, asfissia perinatale, prematurità, galattosemia, malformazioni congenite).

Nella maggior parte dei casi la sintomatologia è aspecifica, insidiosa e variabile in rapporto all’età gestazionale del soggetto. I segni clinici più frequenti sono: ipertermia, cute itterica e/o pallida e/o marezzata, sintomi respiratori (apnea, cianosi), epatomegalia, rifiuto dell’alimento, vomito, distensione addominale, diarrea. Se coesiste meningite, ai segni suddetti si aggiungono ipotonia, torpore, convulsioni, tensione della fontanella, rigidità nucale.

Le principali caratteristiche in rapporto all’epoca di insorgenza sono:

  • le sepsi precoci, spesso associate a complicanze ostetriche, hanno di solito esordio drammatico, con distress respiratorio, polmonite, shock;
  • le sepsi tardive hanno esordio e decorso lenti e progressivi, spesso sono presenti segni focali (polmonite, artrite settica), ma la meningite è il quadro clinico predominante.

Le complicanze più rilevanti delle spesi neonatali sono: shock settico, insufficienza respiratoria, ipertensione polmonare persistente, insufficienza cardiaca, insufficienza renale, coagulazione intravascolare disseminata, convulsioni. Tra queste, lo shock settico è la manifestazione più temibile e provoca una mortalità che può arrivare all’80%.

La diagnosi precoce di sepsi neonatale non è agevole, sia per l’aspecificità della sintomatologia sia per la rapidità evolutiva dell’infezione, contrapposta alla lentezza delle indagini diagnostiche:

  • indagini microbiologiche: l’emocoltura positiva per un microrganismo è indispensabile per la diagnosi di certezza. Poiché un’ elevata percentuale di neonati con sepsi presenta una concomitante meningite, nel sospetto di sepsi dovrebbe sempre essere eseguito anche l’esame del liquor. Sono pure utili esami colturali sulle urine, su tampone faringeo, nasale, cutaneo, rettale, auricolare e, nei neonati intubati, sull’aspirato tracheale. Poiché le risposte colturali hanno tempi lunghi, vengono impiegati test rapidi;
  • indagini ematologiche: tra le indagini ematologiche sono utili per la diagnosi di infezione sopratutto la conta totale dei leucociti, la valutazione del rapporto neutrofili immaturi/neutrofili totali, la proteina C reattiva (PCR), la velocità di eritrosedimentazione (VES) e il conteggio delle piastrine.

Il cardine del trattamento sono la terapia antibiotica e il trattamento immunologico. La terapia antibiotica va iniziata subito, appena posta la diagnosi di sepsi, senza attendere i risultati degli esami colturali. Una volta identificati i germi responsabili, l’antibioticoterapia diventerà opportunamente mirata. Poiché la monoterapia nel neonato settico risulta inadeguata, è necessario utilizzare più antibiotici in associazione.

  • L’associazione di ampicillina + aminoglicoside (principalmente gentamicina) è quella più utilizzata, soprattutto nelle sepsi precoci, in quanto lo streptococco di gruppo B e la Listeria sono in genere sensibili all’ampicillina e gli aminoglicosidi sono efficaci nei confronti degli enerobacilli Gram-negativi; inoltre i due antibiotici agiscono sinergicamente nei riguardi di streptococco B e di Listeria.

I più importanti interventi di immunoterapia attuabili in corso di sepsi neonatale sono rappresentati dalla somministrazione di immunoglobuline per via endovenosa (500 mg/kg /die fino ad un totale massimo di 2-2,5 g/kg); exanguinotrasfusione, effettuata con un volume di sangue fresco pari al doppio di quello del neonato (160/180 ml/kg); trasfusione di granulociti; somministrazione del fattore di crescita dei granulociti neutrofili (es. Granulokine ) che si è dimostrato efficace nel migliorare la conta dei neutrofili in neonati settici neutropenici.

Shock settico

Lo shock settico è la più temibile complicazione della sepsi neonatale, con una mortalità che può arrivare all’80% dei casi. Consiste in una serie di modificazioni emodinamiche e metaboliche, in conseguenza di un’abnorme risposta dell’organismo all’azione delle endotossine batteriche.

È caratterizzato essenzialmente da ipotensione e da disturbi della perfusione tessutale, con ipossiemia, oliguria, acidosi lattica secondaria alla ridotta ossigenazione dei tessuti; può evolvere in una sindrome di disfunzione multipla di organo (MODS), che può interessare cervello, polmone, cuore, rene, fegato e altri organi.

La maggior parte dei casi di shock settico consegue ad una sepsi da batteri Gram negativi (es. Neisseria meningitidis, Enterobacter), più raramente a un’infezione da Gram positivi ( generalmente stafilococchi, enterococchi,pneumococchi) o una sepsi da Candida.

La patogenesi è attualmente riferita alla liberazione di endotossine lipopolisaccaridi componenti la membrana batterica esterna. Queste innescano una serie di eventi a cascata tra cui il processo di infiammazione.

Il quadro clinico è nella maggior parte dei casi caratterizzato da ipotensione marcata, oliguria, riduzione della volemia e del ritorno venoso, acidosi metabolica. Procede ulteriormente con cianosi periferica, anuria e distress respiratorio, che si evidenzia con formazione di infiltrati polmonari diffusi, aumento delle resistenze vascolari polmonari, alterazione del rapporto ventilazione-perfusione e formazione di membrane ialine, con conseguente grave ipossiemia. Possono ulteriormente manifestarsi, sole o in associazione, insufficienza renale acuta, disfunzioni del sistema nevoso centrale e coagulazione intravascolare disseminata.

Nel sospetto di sepsi e di shock settico, si deve ricercare la possibile eziologia microbica attraverso colture di sangue, urine, liquor e prelievi di eventuali focolai di infezione localizzata. In caso di shock settico è necessario l’attento controllo dei parametri vitali, associato alla valutazione seriata di emocromo con formula leucocitaria, conta piastrinica, bilancio emocoagulativo, equilibrio acido-base e idroelettrolitico, funzione renale ed epatica, emogasanalisi e controllo radiologico del torace.

La terapia deve essere aggressiva e precocissima, per ridurre l’eventuale mortalità da shock settico. I provvedimenti essenziali sono:

  • terpia antibiotica empirica, in attesa dei risultati degli esami colturali e della possibilità di attuare un trattamento mirato;
  • espansione del volume plasmatico mediante infusione di soluzione fisiologica, plasma fresco congelato, albumina o proteine plasmatiche umane;
  • farmaci inotropi (dopamina).

Fanno parte della terapia la correzione dell’equilibrio acido-base, il mantenimento di un’adeguata ossigenazione ed eventualmente l’attuazione di una ventilazione meccanica, il controllo di possibili complicanze emorragiche.

Meningite neonatale

La meningite a esordio neonatale deriva nella maggior parte dei casi da una precedente batteriemia associata a sepsi, l’eziologia è praticamente sovrapponibile a quella della sepsi. La trasmissione per la maggior parte delle meningiti a insorgenza precoce è verticale, da madre a figlio durante il passaggio attraverso il canale del parto; è generalmente presente anamesi positiva per una o più complicanze ostetriche, inclusa la rottura prematura delle membrane, insorgenza prematura di travaglio, febbre materna peripartum. Molti neonati sono prematuri o sottopeso alla nascita.

Nelle meningiti a insorgenza tardiva (oltre il 7° giorno di vita) i batteri responsabili possono essere acquisiti, oltre che nel tratto genitale materno, anche dopo la nascita, per contatti nosocomiali con altri esseri umani o con strumenti di assistenza.

  • La malattia a insorgenza precoce si presenta come un’entità morbosa e fulminante, a carattere sistemico per la presenza di sepsi; può associarsi a grave distress respiratorio, problemi addominali, coagulazione intravasale disseminata, shock settico. L’evoluzione clinica è rapidissima e gravata da elevata mortalità.
  • La malattia a insorgenza tardiva si manifesta invece nell’80%-90% dei casi con sintomi neurologici ( febbre, torpore, irritabilità, convulsioni, tensione e protrusione della fontanella anteriore); il decorso è meno rapido e la mortalità meno elevata.

Le complicanze possono essere principalmente: aumento della pressione endocranica, ventricolite, idrocefalo acuto, masse endocraniche.

La diagnosi di meningite si avvale, oltre che degli esami già indicati per la sepsi, dell’impiego delle seguenti indagini:

  • esame del liquor: nella meningite si riscontra abitualmente aumento dei leucociti e delle proteine e diminuzione del glucosio; la ricerca microbiologica si avvale dell’esame batterioscopico, della coltura e della ricerca di antigeni batterici specifici. La rachicentesi, obbligatoria nel sospetto clinico anche lontano, va rinviata quando vi siano segni di ipertensione endocranica rilevante e/o di shock settico. In questi casi, la ricerca batteriologica va praticata su sangue e/o altri liquidi biologici e va iniziato il trattamento antibiotico; non appena possibile si procederà alla rachicentesi. La principale controindicazione alla rachicentesi è rappresentata dagli stati di ipertensione endocranica dipendenti da processi espansivi; in queste situazioni la brusca sottrazione del liquor dal basso può causare l’incuneamento delle amigdale cerebellari nel foro occipitale, con conseguenze drammatiche. Pertanto, quando vi è il dubbio di un processo espansivo endocranico, è indispensabile effettuare  un esame neuroradiologico prima di programmare una rachicentesi.
  • esami neuroradiologici: devono essere praticati nei pazienti con decorso clinico sfavorevole, soprattutto allo scopo di evidenziare tempestivamente eventuali complicanze.

La terapia è basata sull’antibioticoterapia, inizialmente di tipo empirica con la somministrazione per via endovenosa di ampicillina + aminoglicoside e successivamente specifica, in base ai risultati dell’antibiogramma; e sul trattamento sintomatico e di supporto (es. restrizione idrica, terapia anticonvulsiva).

La prognosi delle meningiti neonatali è tuttora grave, la mortalità è ancora elevata. Un terzo dei sopravvissuti ha sequele neurologiche a distanza più o meno gravi, per cui durante i primi anni di vita è necessario praticare un accurato follow-up. Fra le sequele a lungo termine le più comuni sono: sordità neurosensoriale uni o bi-laterale, ritardo mentale, deficit psicomotori, epilessia, idrocefalo.

Streptococco Beta emolitico di gruppo B

Lo streptococco beta emolitico di gruppo B (streptococcus agalactiae) è la principale causa di gravi infezioni batteriche sistemiche e focali del neonato. Può essere isolato in molti siti corporei , ma le sedi più frequenti sono il tratto intestinale e la vagina. La colonizzazione genitale da SGB nelle donne varia a seconda delle casistiche, diversi studi dimostrano che il germe è più frequentemente isolato nelle donne giovani di età inferiore ai 20 anni, sessualmente attive, che utilizzano spirali anticoncezionali e tamponi vaginali.

La trasmissione verticale da madre a neonato può verificarsi durante il parto , oppure prima del parto , per via ascendente, anche a membrane integre. L’infezione da SGB nel neonato si può presentare clinicamente in due forme:

  1. forma precoce: la malattia a esordio precoce insorge di solito nelle prime 24 ore di vita ed è frequentemente associata a fattori di rischio (età gestazionale < 37 settimane, rottura prematura delle membrane >18 ore, febbre intrapartum materna). Si manifesta come polmonite difficilmente  distinguibile da una malattia delle membrane ialine, oppure come sepsi perinatale severa senza localizzazione e, infine, come meningite nel 10% circa dei casi. La mortalità è mediamente del 15%, significativamente correlata con l’età gestazionale;
  2. forma tardiva: l’infezione da SGB a esordio tardivo si verifica generalmente a 3-4 settimane di vita. Si manifesta più spesso con meningite o batteriemia senza focus, si possono verificare anche osteomielite, artrite settica,cellulite. La mortalità è mediamente del 2-6% e il 25% dei sopravvissuti presenta sequele neurologiche più o meno gravi.

La diagnosi si basa principalmente sull’isolamento colturale del microrganismo da sangue, liquor, urine, liquido sinoviale.

La terapia si basa sull’impiego di penicillina G + gentamicina nella fase iniziale, successivamente è possibile continuare anche solo con la penicillina. Le dosi e la durata della terapia variano in rapporto alla localizzazione e alla presenza di complicanze.

 Le attuali raccomandazioni per la prevenzione delle infezioni streptococciche B perinatali comprendono misure ostetriche di chemioprofilassi intrapartum (penicillina G + ampicillina) e gestione dei nati da madre che ha eseguito tale profilassi. Sono stati proposti due diversi approcci:

  • profilassi universale delle donne colonizzate, individuate mediante screening di tutte le gestanti a 35-37 settimane di gravidanza, con tamponi effettuati al terzo inferiore della vagina o in sede rettale;
  • profilassi selettiva che prevede la somministrazione dell’antibiotico solo in presenza di fattori di rischio; precedente nato con infezione sistemica da SGB, batteriuria da SGB in gravidanza, parto prematuro (prima delle 37 settimane), temperatura febbrile materna in prossimità del parto e rottura delle membrane da oltre 18 ore.

Attualmente la tendenza generalmente preferita risulta essere quella della profilassi universale.

Quando è stata praticata la profilassi materna, il trattamento del neonato si deve basare sui rilievi clinici, sul rischio di sepsi e sull’età gestazionale del neonato. I nati da madre che ha eseguito la profilassi intrapartum devono essere sottoposti a procedure diagnostiche e a terapia antibiotica empirica se presentano sintomi evocatori di sepsi o se il parto è avvenuto prima della 35 a settimana di gestazione. In assenza di questi presupposti, il neonato va sottoposto ad accertamenti e a osservazioni per 48 ore se la madre ha effettuato la profilassi per un tempo < 4 ore prima del parto.

Esistono, infine, anche delle infezioni post-streptococciche, abbastanza frequenti in età pediatrica, contratte dal bambino nelle fasi successive a quella neonatale per cause e modalità di trasmissione differenti da quelle sopra citate.