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catetere venoso centrale

Gestione del Catetere Venoso Centrale (CVC)

Il catetere venoso centrale è un presidio che viene utilizzato soprattutto nei pazienti oncologici, sia a scopo medicamentoso, in quanto alcuni farmaci possono essere somministrati solo attraverso un CVC, sia per la nutrizione parenterale totale, poiché quella periferica non riesce a fornire un supporto calorico totale al paziente, in quanto attraverso una vena periferica non possono essere iniettati liquidi con un’osmolarità superiore a quella sanguigna (> 200 mmol), come ad esempio le soluzioni glucosate al 10%, o le soluzioni che contengono acidi grassi.

Cosa è il CVC

Il catetere venoso centrale è una sonda di materiale biocompatibile, in genere in silicone o poliuretano, che attraverso una vena deputata, diretta o indiretta, raggiunge la vena cava superiore. Il CVC consente l’infusione di fluidi o farmaci in condizione di maggiore sicurezza per il paziente, rispetto agli accessi venosi periferici.

Attraverso l’inserzione di un catetere venoso centrale è possibile, per esempio, eseguire l’emodialisi, chemioterapie, nutrizione parenterale totale, ed altri trattamenti che attualmente non possono essere attuati utilizzando il circolo periferico.

Per quanto riguarda l’aspetto chirurgico, l’inserzione del CVC prevede l’utilizzazione delle seguenti vene per raggiungere la cava superiore:  la succlavia, la giugulare interna o esterna (via diretta), la basilica, la cefalica o la femorale (via indiretta). Quelle maggiormente utilizzate in età pediatrica sono la succlavia e la giugulare interna o esterna, prediligendo l’approccio a destra perché è più breve e diretto. L’incanulamento di una vena centrale può essere di tipo chirurgico o per accesso diretto attraverso una puntura intra o extra clavicolare, lungo il percorso del muscolo sternocleidomastoideo, accedendo direttamente alla giugulare interna; in questo caso il paziente viene posto con il collo in iperestensione e in posizione leggermente declive, per avere una maggiore sensibilità delle vene periferiche. Il catetere deve essere introdotto a circa 2 cm dall’atrio destro, sebbene questo fattore può essere variabile a seconda dell’ età del paziente e la corretta messa a dimora del CVC va controllata con una radiografia.

I cateteri venosi centrali possono essere tunnellizzati, cioè non inseriti direttamente nel grosso vaso, ma vengono prima fatti scorrere sottocute e poi inseriti nel vaso; oppure non tunnellizzati, quindi inseriti direttamente nel vaso sanguigno attraverso una guida (es. ecografia).

L’utilizzo del catetere venoso centrale nel neonato ha cambiato la prognosi di molte patologie dell’intestino (gastroschisi, enterocolite necrotizzante), poiché mettendo al risposo l’intestino del paziente attraverso la nutrizione parenterale totale con CVC, aumenta la percentuale di prognosi favorevole in questi neonati.

Quanti tipi di CVC esistono

I cateteri venosi centrali possono essere classificati a seconda del tempo di permanenza.

  • Long term, ha una durata maggiore di 3 mesi e può essere introdotto direttamente nella succlavia o nella giugulare; una delle complicanze che potrebbe verificarsi in seguito a tale manovra è la puntura accidentale dello spazio pleurico, ciò determina l’entrata di aria nello spazio pleurico con formazione di pneumotorace. Per tali motivi, è un tipo di catetere che richiede l’intervento chirurgico per la sua corretta messa a dimora. Questo catetere viene scelto quando è previsto un utilizzo quotidiano dello stesso, e il suo posizionamento prevede la tunnellizzazione sottocute. Possono essere sia in silicone (più morbidi), sia in poliuretano (più resistenti), e possono essere dotati di una valvola antireflusso che impedisce la stasi del sangue all’interno del catetere; in tal caso il cvc non deve essere eparinato. Questo tipo di CVC può essere a singolo o doppio, a punta aperta o chiusa e può essere provvisto di cuffia di Dacron, al cui interno sono presenti delle soluzioni antibatteriche che favoriscono il processo di cicatrizzazione dell’incisione, prevenendo il rischio di infezione correlato all’intervento chirurgico.
  • Medium term, ha una durata di 1-3 mesi, generalmente in silicone, a punta aperta o chiusa e devono essere eparinati ogni 4 giorni. L’accesso alla vena centrale avviene mediante la vena brachiale (evitando il rischio di pneumotorace), con la possibilità di introdurre il catetere direttamente a letto del paziente. Poiché, in genere, si tratta di pazienti che hanno già effettuato chemioterapie, oppure paziente affetti da patologie autoimmuni o da malattie ematologiche, l’utilizzo di questo catetere potrebbe essere svantaggioso per la difficoltà del reperimento di un vaso periferico; inoltre c’è un maggiore rischio di trombosi e malposizionamento.
  • Short term, ha una durata di 1-4 settimane, non è tunnellizzato e quindi c’è un maggiore rischio infettivo.

Adesso vediamo alcuni dei cateteri maggiormente utilizzati:

  1. Groshong: è un catetere a lungo termine (long term), è tunnellizzabile, a punta chiusa, dotato di una valvola antireflusso, può avere anche un doppio lume, in silicone trasparente che consente la visione diretta di precipitati e/o coaguli, è facile da impiantare e uno svantaggio può essere la scomodità di gestione perché prevede eparinizzazioni periodiche.
  2. Hickman: è un catetere dotato di punta aperta e di una cuffia di Dacron, privo di valvola antireflusso, in silicone.
  3. Broviac: è il catetere maggiormente utilizzato in età pediatrica; è in silicone con punta aperta e la parete esterna del CVC è più grossa della parete endovascolare, creando una differenza di calibro tra la parte interna al vaso e quella esterna.

Un sistema diverso è rappresentato dal PORT; è un sistema che viene impiantato sottocute, costituito da una camera che poi viene collegata ad un CVC. La camera rappresenta il collegamento con il sistema di infusione e può essere di varie forme e dimensioni (rotonda, ovale); il port rappresenta l’accesso al catetere ed essendo impiantato sottocute non è visibile all’esterno. Per impiantarlo è sempre necessario un piccolo intervento chirurgico, e uno dei vantaggi è il fatto che non richiede una medicazione periodica in quanto è un sistema impiantato sottocute.

Tutti i CVC sono dotati di due vie per l’infusione contemporanea di farmaci che non possono essere miscelati; poi ci sono alcuni CVC long term definiti speciali e che vengono utilizzati per l’emodialisi. In generale, tutti i long term devono essere eparinati dopo ogni utilizzo e, se non utilizzati, ogni 7 giorni (fanno eccezione quelli provvisti di valvola antireflusso).

Complicanze del CVC

Complicanze legate all’inserzione del cvc

Le complicanze associate alla messa a dimora  di un catetere venoso centrale, possono essere classificate secondo il tempo di insorgenza in immediate (entro 48 ore), precoci (entro una settimana) e tardive (dopo una settimana). Tra le complicanze precoci più frequenti ricordiamo: pneumotorace, emotorace ed ematoma; mentre quelle tardive possono essere rappresentate da un mal posizionamento del catetere (per esempio piegatura -pinch off, schiacciamento – kinking, rottura del catetere), e possono avere conseguenze di tipo meccanico, che si manifestano con difficoltà di aspirazione o infusione.

Complicanze legate alla gestione del cvc

Le complicanze che possono insorgere in seguito all’impianto di un catetere venoso centrale, sono rappresentate da: infezioni, trombosi, rottura del segmento esterno del catetere, dislocazione del catetere, occlusione. Tuttavia, tra le possibili complicanze, la più temibile resta sempre il rischio di infezione del catetere, ed è per questo che le norme legate alla gestione del CVC devono essere assolutamente rispettate per prevenire le infezioni. I potenziali punti di ingresso per i microrganismi sono: il punto dell’innesto cutaneo, il cono del CVC, la connessione del deflussore con il CVC, e tutto ciò che entra in contatto con il catetere può essere una sorgente di infezione.

Possiamo sospettare un ‘infezione quando sono presenti tali fattori:

  • infiammazione;
  • arrossamento;
  • presenza di edema;
  • dolore nella regione di impianto;
  • essudato locale;
  • febbre (espressione di batteriemia).

Ci sono diversi gradi di infezione cutanea e sono:

  • grado zero, cute integra, senza segni di flogosi;
  • grado uno, iperemia oltre 1 cm dal punto di inserzione del cvc, presenza o assenza di fibrina;
  • grado due, iperemia da 1-2 cm dal punto di inserzione del cvc, presenza o assenza di fibrina;
  • grado tre, iperemia grave, secrezione di pus, presenza o assenza di fibrina.

In caso di sospetta infezione del CVC:

  • grado uno, adeguata disinfezione, medicazione con pomata antisettica, cambiare le garze ogni qual volta queste si presentano sporche;
  • grado due, eseguire un tampone per la coltura batterica, adeguata disinfezione con clorexidina e con pomata antisettica, medicazione ogni 2-3 giorni,
  • grado tre, medicazione ogni 2 giorni, antibiotico locale e/o sistemico ed eventualmente rimozione del cvc.

In caso di febbre e sospetta batteriemia o sepsi correlata all’infezione del CVC:

  • monitoraggio dello stato infettivo (analisi del sangue);
  • emocoltura da CVC e da sangue periferico;
  • terapia antibiotica sistemica, prima empirica e poi specifica;
  • rimozione del CVC.

Vi sono poi dei casi non infettivi di infiammazione, come: reazioni allergiche e/o intolleranza ai punti di ancoraggio.

Il CVC si può occludere a causa, prevalentemente, dei coaguli, quando non si effettua una buona gestione del catetere e quando non viene eparinato in maniera adeguata o, ancora, quando non si effettua il lavaggio del catetere. Inoltre, il catetere può anche occludersi a causa della formazione di aggregati lipidici o minerali, quando questo viene utilizzato per la nutrizione parenterale totale; infine, l’occlusione del catetere può essere dovuta anche da una causa meccanica, come il pinzamento tra la clavicola e la prima costola, quando il cvc non viene introdotto in maniera rettilinea.

Durante la gestione di un CVC, può presentarsi anche un’occlusione da aspirazione, ciò vuol dire che non riusciamo ad aspirare sangue dal catetere, ma riusciamo ad infondere: questo accade in seguito alla formazione di una guaina di fibrina sulla punta del catetere.

Ad ogni modo, in caso di occlusione del catetere, la procedura di disostruzione prevede:

  1. energica aspirazione con siringa;
  2. utilizzo di alcuni farmaci per dissolvere le sostanze ostruenti (urochinasi, etanolo, acido cloridrico).

Gestione del CVC

La gestione del catetere venoso centrale prevede il mantenimento costante nel tempo di alcuni obiettivi, quali:

  1. Prevenzione delle infezioni;
  2. mantenimento della pervietà del catetere;
  3. mantenimento di un sistema endovenoso chiuso;
  4. prevenzione del danneggiamento del dispositivo.

Al fine del raggiungimento di questi obiettivi, vediamo di seguito quali sono procedure da dover osservare.

Medicazione del cvc

Per la prevenzione delle infezioni correlate al cvc è fondamentale la rigorosa e assoluta osservanze delle norme igieniche; per tale motivo la medicazione prevede un’attenta detersione della cute intorno al sito di inserzione del catetere, la disinfezione deve essere fatto sempre partendo dal centro andando verso la periferia e mai viceversa, in quanto con questo movimento si allontanano meccanicamente gli agenti microbici.

Il materiale da preparare su un piano d’appoggio sterile è:

  • garze sterili;
  • siringhe da 10 ml con soluzione fisiologica (per il lavaggio del cvc);
  • clorexidina al 2% (per disinfettare);
  • cerotto in pellicola trasparente (per poter sempre tenere sotto controllo il sito di inserzione);
  • cerotti steri-strip (per fissare bene la medicazione);
  • etere (per rimuovere i residui adesivi lasciati dai cerotti);
  • guanti monouso e sterili;
  • tamponi per effettuare esami colturali (se richiesti);
  • tappini, gommini;
  • una siringa con eparina (per evitare l’occlusione del cvc).

Procedura della medicazione del cvc

L’operatore che si appresta ad eseguire la medicazione del CVC deve indossare gli opportuni dispositivi di protezione individuale, quali mascherina e cuffia, successivamente procede con il lavaggio accurato delle mani e prepara il campo sterile. Dopo avere preparato tutto il materiale, l’operatore indossa un primo paio di guanti monouso con cui toglie la vecchia medicazione (sporca); una volta tolta la medicazione, l’operatore toglie i guanti monouso, esegue il lavaggio antisettico delle mani e indossa i guanti sterili. Prima di procedere con la disinfezione, è buona norma osservare bene il punto di inserzione del catetere per valutare la presenza o meno di processi infiammatori in atto, poi proseguire con il lavaggio della cute con soluzione fisiologica e garze sterili. Durante la detersione, eseguire dei movimenti partendo sempre dal centro e andando verso la periferia e, infine, asciugare con garza sterile. Dopo le detersione, effettuare la disinfezione con una garza sterile imbevuta di clorexidina, dal punto di uscita del catetere fino a circa 5 cm; cambiare il tappino avvolgendo la parte prossimale del catetere con garza sterile e introdurre il nuovo tappino cercando di mantenere sempre la sterilità. Applicare il cerotto in pellicola trasparente e fissare con steri-strip.

Se sono presenti condizioni di infiammazione e/o infezione, durante la medicazione utilizzare delle pomate antisettiche, a seconda del grado di infezione, seguendo lo schema descritto in precedenza.

Frequenza della medicazione del cvc

La medicazione del catetere venoso centrale va eseguita dopo le prima 24 ore dalla sua messa a dimora, successivamente ogni 3 giorni per la prima settimana e in seguito ogni 7 giorni. Se l’infiammazione è moderata, la medicazione va eseguita ogni 3 giorni, se è grave ogni 1-2 giorni. I punti vanno rimossi dopo 30-40 giorni.

Lavaggio del cvc

Il lavaggio del catetere venoso centrale consiste in una breve infusione di soluzione fisiologica e serve per mantenere la pervietà del catetere. Il materiale da preparare per il lavaggio è: tappini, gommini, siringa da 10 ml, fiala da 10 ml di soluzione fisiologica e soluzione eparinica. Si lava il cvc iniettando soluzione fisiologia, poi si iniettano 5 ml di eparina (opportunamente diluita), si cambia il tappino e si avvolge con garza sterile; il tutto deve essere eseguito sempre rispettando le norme di sterilità. Il lavaggio del catetere è opportuno farlo ad ogni medicazione per mantenere la pervietà dello stesso e, per quanto riguarda la somministrazione di eparina, la frequenza del suo utilizzo varia in relazione alla frequenza di utilizzo del catetere e al tipo di catetere.

Prelievo dal cvc

Solitamente il catetere venoso centrale non si usa per i prelievi di sangue; tuttavia in situazioni di emergenza si può optare per il prelievo dal cvc.

Procedura del prelievo ematico da cvc

Per effettuare un prelievo dal catetere venoso centrale si devono sempre rispettare le norme di sterilità, ricordiamo che il cvc rappresenta una via d’accesso ai grossi vasi del cuore, quindi i rischi di infezione sono particolarmente temuti.

Il materiale da preparare su carrello consiste in:

  • siringa per il prelievo;
  • siringa pre-eparinata con 20 ml di soluzione fisiologica;
  • camicia e provette necessarie.

Si inizia prima lavando il catetere con soluzione fisiologica, per eliminare eventuali ostruzioni, poi si aspirano circa 3 ml di sangue (quasi sicuramente eparinati), si aggancia la camicia al catetere e con le provette si aspira la quantità di sangue desiderata. Infine, si esegue il lavaggio del catetere e si chiude.